S.M.S. Antonio Sogliano
Motivo dell'adozione
I ragazzi ospiti di Nisida di solito non hanno né conoscenze di carattere storico né interesse ai beni artistici e monumentali. Musei e opere d’arte parlano un linguaggio che spesso non comprendono. Non solo, ma considerano inutile fermarsi ad ascoltare. Chiese e palazzi, carichi di storia e di bellezza, nei rari casi in cui ne conoscano vagamente il nome, sono solo riferimenti di un luogo, non più di un bar o di un negozio di scarpe. Proporre l’adozione di un monumento ha costituito per i docenti una grossa sfida: verificare la possibilità di coinvolgere i ragazzi in un percorso didattico che, pur partendo da tematiche loro estranee, potesse motivarli ad analizzare il loro rapporto con la città, a riappropriarsi di un comune patrimonio culturale. Bisogna sottolineare che non sono stati i ragazzi a scegliere il monumento. Ma la proposta del dottore Sommella, Direttore del Centro per la Giustizia Minorile di Campania e Molise, è stata accolta con positiva curiosità, soprattutto per quella indicazione di Monumento allo Scugnizzo, che ha permesso loro di guardarlo con familiarità.
Descrizione del Monumento
Quattro facciate scolpite verso i quattro punti cardinali sulla Riviera di Chiaia, ricordano per sempre ai napoletani e ai forestieri l’epica storia degli ‘scugnizzi’ di Napoli nelle quattro giornate (28 settembre – 1 ottobre 1943) che liberarono la città dagli occupanti tedeschi. Perché questa rivolta, in una città sulla quale sono passati lisci lisci tanti compromessi e perfino fatti storici così imponenti, come la stessa liberazione garibaldina? Questa domanda se la son posta in tanti e se la pose anche Mazzacurati quando progettò nel 1963 il monumento alle Quattro Giornate, per il quale vinse il concorso l’anno dopo. Egli cercò la sintesi tra un’epica , che sembrò mitica tanta era la differenzatra le forze reali in campo è l’immane, organizzato esercito tedesco e la fluida, ‘organica’ disorganizzazione del popolo napoletano – e il suo tramandarsi alla storia nel consumo quotidiano di un monumento, spartitraffico della piazza di una grande città. Il Mazzacurati, nelle sue opere a Mantova, a Parma e poi a Napoli, si faceva sempre interprete di un momento di riflessione soggettiva sul tema della Resistenza, interpretava il significato della lotta e del sacrificio e si collegava così all’avvenire delle generazioni stesse. Le stele napoletane sembrano, rispetto ai monumenti precedenti, le meno descrittive; prevale la connessione degli elementi, mentre la pietra è tutta trattata come non vi fosse pausa alla scultura animata, senza spazi, che possano apparire tregua all’epica narrativa. È un chiaro esempio non certo di commemorazione, né di celebrazione di una vittoria al passato, ma esaltazione vivace dei simboli insurrezionali, i volti chiari, aperti, degli ‘scugnizzi’ combattenti, l’allegria popolana delle donne incoscienti del pericolo, il seppellimento urlante delle teste di morto naziste nel moto vorticoso della pietra che si fa struttura.