Liceo Scientifico San Giorgio a Cremano
Motivo dell'adozione
il desiderio di una scuola diversa, aperta anche alla conoscenza del territorio in cui si opera, e la coscienza dell’estremo degrado dell’area vesuviana ci hanno spinto a partecipare al progetto.
Descrizione del Monumento
“Ad una fortuna di mare e ad un vago desiderio di giovine sposa si deve l’origine delle delizie di Portici”: scrivendo queste parole nella guida il Celano allude ad Amalia di Sassonia, approdata sul litorale del Granatello e incantata dalle bellezze del luogo. La vicinanza alla capitale, unitamente alla ricchezza archeologica della limitrofa Ercolano e alla presenza dei boschi, indussero Carlo di Borbone a costruire qui una reggia extra urbana. Il luogo ritenuto più idoneo era occupato da alcune residenze nobiliari, con annessi parchi (i palazzi di Palena e Caramanico, posti ai lati della Strada delle Calabrie), la cui presenza condizionò la forma della Reggia, caratterizzata da un’insolita posizione a cavallo su una via di grande traffico. Ortogonale alla strada si predispose l’asse prospettico che unisce idealmente il mare al Vesuvio e collega i due parchi della reggia. Dalla fondazione al 1822, un’ala del palazzo fu destinata a ospitare i reperti della vicina Ercolano. Durante l’occupazione francese, il palazzo fu restaurato ed arredato per volere di Carolina Bonaparte. Dopo l’unità d’Italia, nella reggia, passata al demanio, venne ospitata la Scuola Superiore di Agraria. Dal 1935 il palazzo è sede della Facoltà di Agraria dell’Università di Napoli. Villa Vannucchi era, prima del 1726, una semplice abitazione rurale il cui fronte si sviluppava su una via lunga e stretta (attuale via Roma ) al tempo chiamata via Teglia, cioè tiglio*, probabilmente dall’albero piantato all’angolo con via B.Buozzi . Nel 1775 si avvia la costruzione dell’ attuale villa, il cui impianto architettonico è secondo per estensione dopo la Reggia di Portici. Non essendoci un progetto unitario non è possibile attribuire il disegno ad un unico architetto, ma a causa dei capitelli tipicamente rococò, è stata avanzata l’ ipotesi che si trattasse di Domenico Vaccaro. A destra l’edificio continua con la cappella. Vista dall’interno del parco, la villa offre un’immagine del tutto diversa, essendo costruita da una struttura articolata nei volumi che contrasta con il prospetto stradale bloccato, come vuole il gusto dell’epoca. Elemento di divisione fra la strada e il giardino è il bellissimo cancello in ferro battuto, che fu risparmiato per la sua magnificenza, quando durante la seconda guerra mondiale fu requisito il ferro. Varcato il cancello, ha inizio con due alte e sottili palme, il lungo viale che, attraversando e tagliando nettamente le due ali del parco, giunge al limite della proprietà Agli inizi del XX sec. il parco di Villa Vannucchi fu trasformato soprattutto in azienda agricola. Attualmente si vede solo uno spazio in gran parte incolto, soprattutto nella zona centrale:questa situazione, pessima al primo sguardo, è la migliore per poter ipotizzare un restauro secondo i disegni documentati nelle antiche carte Lo spazio verde che circondava le ville del’700 di solito veniva diviso in tre parti: il giardino, l’orto e il frutteto. Nella zona prossima al fabbricato. era il tipico giardino all’italiana, pensato progettato e costruito dall’uomo. La villa era bella non tanto per la grandezza, quanto per i deliziosi viali che, ornati da statue, fontane e laghetti, rendevano passeggiate, I viali ritagliavano delle aiuole disegnate con cordoli di tufo e pietra lavica. I fiori erano piantati in modo da disegnare per terra dei grandi arabeschi colorati, definiti infatti Parterre. Erano impiantate , inoltre, mimose e palme. Tutto intorno correvano siepi potate in forma di cubi, di palloncini, e persino di animali. L’orto serviva per la produzione di coltivazioni destinate al consumo degli stessi abitanti della villa, mentre nella zona più lontana dal fabbricato era il frutteto, costituito principalmente da albicocchi e ciliegi e agrumeti. Le piante ,come il lauro canforo e le diverse varietà di fiori, avevano anche lo scopo di inebriare l’aria e rendere ancora più piacevole la vita in questo luogo di delizie. Forse a restauro completato si ritroverà l’atmosfera magica del parco, che conserverà però alcune tracce delle sue vicende: ad esempio resterà il filare di pini che costeggia la strada, inesistente nel progetto originario ma talmente radicato ormai da rendere impensabile la sua eliminazione