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La Scuola Adotta la città

Si riaccendono le luci. Dopo tanti anni di impegno per Napoli e dopo essere stati di esempio per le altre città dal Nord al sud del paese, non potevamo non riprendere il nostro compito in un momento così disastroso quale l’emergenza rifiuti! “La scuola adotta un monumento®” dopo 15 anni di appassionato lavoro costante, ha sentito la necessità di un impegno ulteriore con il quale i ragazzi sono scesi in campo e…. hanno adottato la città, la strada, il quartiere.

E l’emergenza che abbiamo vissuto, la mortificazione, l’avvilimento, l’inerzia, la sfiducia diffusa, ci hanno spinto a reagire e a crescere accogliendo nuove scuole e Associazionida anni impegnate sul territorio.
Il progetto, La scuola adotta un monumento ®, con la sua rete di scuole storiche e di recente adesione – grazie alla sua capacità di funzionare come strumento per la formazione di una “cittadinanza attiva” – ha sentito la necessità di confrontarsi con i bisogni della città in quel particolare momento ed ha quindi modificato obiettivi e strumenti.
Forti dell’esperienza, cui hanno lavorato per anni con dedizione e entusiasmo, centinaia di docenti e intere generazioni di studenti, nel gennaio 2008, tanti si sono sentiti chiamati a rispondere ai nuovi bisogni della città – al di là dei monumenti – e si sono dichiarati pronti a dare, dove possibile, il loro contributo. E’ nata così La Scuola adotta la città in cui il rapporto che si è creato tra le scuole e la città con la sua storia e i suoi problemi, è uscito fuori dall’aula e ha investito la comunità scolastica della consapevolezza di un ruolo critico e responsabile. Inoltre, nell’informare la famiglia, gli abitanti del quartiere o la città intera del lavoro che svolge, una scuola assume il ruolo di scuola aperta, si impegna in una attività preziosa di educazione permanente e riconquista il diritto-dovere ad essere un momento pensante nel tessuto sociale. Ma come si configura l’adozione di una città? Come può il mondo della scuola divenire protagonista attento e responsabile di una serie di attività volte alla conoscenza e alle proposte di soluzioni dei problemi, molteplici e complessi della città?Gli studenti delle scuole partecipanti, ufficialmente investite di questo nuovo ruolo in un incontro pubblico, hanno aderito a un programma che si è diviso in tre fasi:- la prima che prevedeva una serie di incontri informativi sulla città e sui problemi sui quali si è scelto di lavorare che si sono conclusi poi in un incontro pubblico di informazione alla città.- la seconda prevedeva tutta una serie di attività di approfondimento legate ai temi prescelti per l’adozione (ricerche, proposte: audio, disegni, foto, …) – la terza un convegno/mostra finale
Si è potuto scegliere di lavorare sui luoghi (la strada, il proprio quartiere, la sua storia passata, i suoi problemi presenti, la raccolta differenziata, le proposte urbane o altro per il futuro, ecc)i temi (educazione alla cittadinanza e alla legalità, la sicurezza, il disagio, la famiglia, la prospettiva di futuro, il senso d’identità della comunità, la società multiculturale, l’integrazione, il diverso da noi: le nostre e le loro storie ecc)
In molte scuole ci sono già in corso progetti educativi sul territorio, ma anche queste scuole, con i loro progetti, sono entrate a far parte della rete de La scuola adotta la città, tutti ugualmente anelli di una catena che ha lavorato insieme per la città e che, uscendo dalle aule scolastiche, ha messo al servizio della comunità l’energia dei giovani che vi si sono impegnati.
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Dal programma di RAI TRE “Una cartolina” al Presidente della Camera Giorgio Napolitano di Andrea Barbato del 18 febbraio 1993 in occasione della Cerimonia di affido dei Monumenti alle scuole a Santa Chiara, con la partecipazione del Presidente della Camera
“… Volere bene alla propria città, riscoprirla, insieme capirne i problemi, i ritardi, attraverso le disavventure di un monumento, per esempio, può essere una buona operazione pedagogica. Forse le chiese non si salveranno in questo modo, ma i ragazzi magari si. Invece di sentirsi abitanti di una città smarrita, da abbandonare quanto prima, come hanno fatto, ricordiamolo, molti loro padri, anche intellettuali, forse ritroveranno un legame con la propria storia. Una città e suoi abitanti respirano e si muovono insieme, le malattie dell’una sono quelle degli altri…E chissà che non si cominci a diffondere il rispetto per il luogo in cui si vive, in questa nazione senza memoria che sembra essere diventata la nostra.
Un saluto da Andrea Barbato”


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