S.M.S. Antonio Sogliano
Motivo dell'adozione
Molti alunni provengono dal Borgo e ammettono con difficoltà di vivere in un’area così degradata. Lo hanno adottato proprio per recuperare, attraverso la conoscenza, una carica affettiva, per maturare una mentalità nuova e utile a comprendere e a cambiare, per partecipare attivamente al recupero e alla valorizzazione della loro realtà ambientale. Il progetto è molto complesso e indica la volontà di lavorare sullo ‘orientamento come capacità di fare scelte e come prevenzione dell’insuccesso’, elemento di straordinaria importanza, da cui scaturisce una metodologia che, sulle finalità e sugli obiettivi, così come sulle scelte didattiche, concretizza la sua attenzione sulla formazione della personalità di ciascun allievo motivato e arricchito di abilità e di saperi.
Descrizione del Monumento
Idealmente situato tra l’aragonese Porta Capuana e il settecentesco Albergo dei Poveri, il borgo comprende via Sant’Antonio Abate e la fitta rete di vicoli circostanti che s’immettono da un lato su via Foria e dall’altro su corso Garibaldi. La strada principale è un grande mercato dove, mescolati al commercio dei generi di prima necessità, hanno preso piede il contrabbando e la vendita di droga. Con l’eccezione di alcuni palazzi antichi, peraltro in cattive condizioni, l’edilizia è in prevalenza popolare. Il borgo, che si snodava sull’area dell’antico “Campo di Napoli”, un vasta pianura paludosa e insalubre compresa tra le mura orientali e la collina di Poggioreale, si sviluppò a ridosso dell’area di Carbonara, luogo di giostre e tornei. Centro dell’urbanizzazione furono la chiesa e l’ospedale, di fondazione angioina, affidati ai Frati Ospedalieri di Sant’Antonio. Il borgo rappresentava una delle principali vie di accesso alla città: la bonifica della palude, avviata da Carlo d’Angiò e continuata dagli aragonesi, rese la zona così bella e ricca di verde da spingere l’aristocrazia a costruirvi le proprie dimore. Nella parte meridionale, dove furono poi edificati Santa Maria della Fede e il Cimitero degli Inglesi, sorse la villa di Fabio Incarnato. Lottizzata e venduta a privati, la villa divenne il quartiere degli “Incarnati”, luogo malfamato dove si raccoglievano prostitute e zingari e abbondavano taverne di pessima fama. Nell’Ottocento, con la completa urbanizzazione delle paludi, l’apertura dello stradone dell’Arenaccia, di via Cesare Rosaroll e di Corso Garibaldi, il borgo fu completamente sventrato. L’area orientale divenne zona di insediamento industriale, ma il borgo non vi fu compreso. Attualmente è una delle aree più degradate della città.