Liceo Classico Convitto Nazionale V. Emanuele II
Motivo dell'adozione
Largo del Mercatello, Largo dello Spirito Santo, Foro Carolino , piazza Dante sono i nomi attribuiti nei secoli a questo ampio spazio pianeggiante che è stato ed è, ancor oggi, ingresso al centro della città e luogo di incontro dei napoletani; grandi edifici religiosi si affacciano sulla piazza fin dal XVII secolo, mentre l’elegante emiciclo vanvitelliano, chiude il fronte sinistro della piazza.Nel 1835 nella grande nicchia centrale dell’esedra vanvitelliana viene aperto un varco di ingresso alle scuole rette dai Gesuiti; oggi moltissimi studenti entrano nelle aule dell’antico Convitto Nazionale “Vittorio Emanuele II” ripercorrendo i passi di tanti giovani.Ma il luogo di incontro dei ragazzi è la piazza dove si trattengono prima del suono della campanella di inizio lezioni. Di questa piazza è parte integrante una piccola chiesa dedicata a San Michele Arcangelo; è una presenza discreta, ma dal settembre del 2010, dalla sua riapertura dopo circa 10 anni, è impossibile, per chi giornalmente percorre via Tarsia e via Toledo, non fermarsi a guardare, anche per un solo attimo, lo splendido interno.E’ dal gennaio 2011 ch3e gli alunni del Liceo hanno iniziato uno studio storico – artistico sulla chiesa.
Descrizione del Monumento
Agli inizi del XVIII secolo il cardinale Francesco Pignatelli, arcivescovo di Napoli, cedette alla Congregazione dei 72 Sacerdoti, una piccola cappellaBadiale dedicata a Santa Maria della Provvidenza; la costruzione, edificata tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo fuori le mura della città, nella zona prospiciente il Largo dello Spirito Santo o del Mercatello e nei pressi della Porta Reale, era di“modeste dimensioni con un piccolo campanile a vela e la copertura a volta estradossata” (la struttura è chiaramente identificabile alla sinistra della Porta Reale nel dipinto di Micco Spadaro “La peste al Largo del Mercatello nel 1656”).La Congregazione dei 72 sacerdoti, presente dal 1615 presso l’antica chiesa di S. Gennaro all’Olmo, come la gran parte delle confraternite seppellitrici, aveva come patrono l’Arcangelo Michele (colui che presenta le anime al Signore e protettore del cristiano militante) e così anche la nuova sede del Largo del Mercatello gli venne dedicata.Tra il 1729 ed il 1735 la chiesa venne ampliata e riedificata in forme tardo barocche – rococò, da Domenico Antonio Vaccaro (1678 – 1745), personalità di spicco dell’arte napoletana tra la fine del XVII e la metà del XVIII secolo, che elaborò un progetto che lo vide protagonista non solo in qualità di architetto, ma anche di pittore e di artefice degli apparati in stucco. La pianta della chiesa, che potremo definire a croce greca a bracci diseguali, presenta un ampio spazio quadrato centrale, coperto da una cupola ottagonale con ampie finestrature nella calotta, e due vani rettangolari disposti sui lati opposti, quello dell’atrio e quello della zona absidale. Lateralmente alla chiesa viene realizzata una piccola Sagrestia. I lavori terminarono nel 1731, mentre nel 1735 “venne resa accessibile la Terra Santa”, ossia l’ipogeo per l’inumazione.Negli anni 60 del Settecento, su istanza dei religiosi, la zona absidale della chiesa venne ampliata con l’aggiunta di un ulteriore vano rettangolare; l’altare maggiore venne smontato ed arretrato e la nuova zona venne coperta con una cupola sormontata da un alto lanternino ellittico, ampiamente finestrato. Tale intervento, così come l’ampliamento della Sagrestia, è attribuito a Giuseppe Astarita allievo dello stesso Vaccaro.L’altare maggiore e i due minori laterali,opera del Vaccaro, sono realizzati in marmi policromi e commessi, ricchi di fantasiose decorazioni La balaustra che limita la zona presbiterale, ha un andamento mistilineo ed è anch’essa in marmi policromi, con l’inserimento, sul piano, di particolari in lapislazzuli e madreperla; la sua realizzazione è forse successiva a quella degli altari, ed è attribuita a Niccolò Tagliacozzi Canale, architetto ed ingegnere regio, che operò all’interno della chiesa di S. Michele tra il 1750 ed il 1757.Nel presbiterio la parete di fondo è caratterizzata da un doppio registro decorativo che inquadra, nella parte inferiore il dipinto rappresentante San Michele Arcangelo, e nella parte superiore un dipinto rappresentante la Vergine con Gesù Bambino, forse l’immagine della Madonna della Provvidenza, presente nella primitiva chiesa. Il primo dipinto è opera firmata di Giuseppe Marullo(Orta di Atella ? – Napoli 1685), in gioventù allievo di Massimo Stanzione; l’opera rappresenta San Michele Arcangelo nell’atto di far precipitare Lucifero “sulla terra e poi nello stagno di fuoco”, secondo quanto narrato nell’Apocalisse. San Michele è rappresentato secondo l’iconografia più ricorrente, ossia alato e in armatura (poiché è a capo delle schiere celesti), mentre con una spada che brandisce con forza, sconfigge Lucifero, che ha sembianze mostruose (segno visibile della scelta che gli angeli ribelli hanno fatto a favore del male).Nella cappella di sinistra è un dipinto del Vaccaro raffigurante S. Irene nell’atto di proteggere Napoli dai fulmini, mentre nella cappella di destra è dipinto, sempre del Vaccaro, rappresentante S. Emidio, uno dei compatroni della nostra città.All’interno della Sagrestia è un lavabo in marmi policromi e commessi, realizzato su disegno diTagliacozzi Canale; sono presenti inoltre due dipinti provenienti forse dalla primitiva chiesa (Sacra Famiglia con i Santi Antonio e Michele e Tobiolo e l’Angelo).