I.P.F. Isabella d'Este
Motivo dell'adozione
Abbiamo scelto la chiesa di San Giovanni a Carbonara, uno dei rari esempi di stile gotico-angioino a Napoli, perché – seppur trascurata e poco nota al pubblico, seppur colpita dai malanni del tempo – quando abbiamo cominciato essa offriva una tale preziosa stratificazione di stili e testimonianze artistiche da rappresentare, da sola, un complesso monumentale che meriterebbe di figurare tra i primi posti in un ideale elenco dei monumenti della nostra città. Oggi dopo le Porte Aperte,la chiesa è stata restituita al suo antico splendore.
Descrizione del Monumento
La chiesa sorge in posizione elevata rispetto al piano stradale in via Carbonara, così chiamata probabilmente con riferimento ad un antico termine medioevale – Carbonarius o forse Carbonetum – con cui si indicava quell’area della città, normalmente fuori le mura, adibita al deposito dei rifiuti urbani e, successivamente, utilizzata come ‘spazio’ per giostre e tornei. La fondazione della chiesa e dell’annesso monastero, la cui costruzione fu avviata nel 1343 e conclusa nel 1418, si deve alla munificenza del nobile Gualtiero Galeota, devoto di San Giovanni Battista. Durante il regno di Ladislao di Durazzo, la chiesa fu completamente ricostruita, per divenire il pantheon degli ultimi angioini. Numerosi i rimaneggiamenti e le modificazioni subite dall’edificio fino al XVIII secolo. Dopo il restauro successivo al terremoto del 1688, Ferdinando Sanfelice farà cotruire le nuove scale di accesso alla chiesa, scale a duplice rampa, di grande effetto scenografico, con tre piani di riposo. La facciata originaria della chiesa è stata completamente distrutta dalla fondazione della cinquecentesca Cappella di Somma, successiva al nucleo iniziale. L’interno, a pianta rettangolare e a navata unica, termina con un presbiterio quadrato, illuminato da due grandi monofore laterali. Vi si accede attraverso un arco trionfale, che fa da cornice al monumentale sepolcro di Ladislao. L’imponenza del masuoleo crea nel visitatore un’emozione straordinaria, e – da solo – il sepolcro reale è sufficiente a consacrare la chiesa come inestimabile tesoro d’arte. Fatto costruire tra il secondo ed il terzo decennio del XIV secolo da Giovanna, sorella di Ladislao, che gli successe al trono, il sepolcro è opera di diversi scultori. Lo schema ricorda il mausoleo di Roberto d’Angiò (nella chiesa di Santa Chiara a Napoli), con in cima il re Ladislao vittorioso a cavallo. Alle spalle del mausoleo, la Cappella Caracciolo del Sole, fatta costruire nel 1427 da Sergianni Caracciolo, grande siniscalco della regina Giovanna e suo amante. Di particolare interesse gli affreschi raffiguranti scene di vita monastica, e il pavimento di maioliche a motivi ornamentali, attribuibili a fabbriche napoletane della prima metà del XV secolo.